Visto che questo blog sembra aver ripreso vita in quest’ultimo periodo, condivido con voi la soluzione ad un problema che ho riscontrato sul mio telefono recentemente.
Dopo aver acquistato un iPhone nuovo, ho proceduto a ripristinare il backup del telefono precedente, in modo che venissero trasferiti tutti i dati e scaricate tutte le app anche sul nuovo apparecchio. Dopo aver iniziato ad usarlo mi sono però reso conto che ogniqualvolta qualcuno mi mandava un messaggio su Messenger/Facebook, la notifica di tale messaggio appariva due volte sul telefono: una notifica proveniva dall’app Facebook, l’altra dall’app Messenger, mentre in circostanze normali solo quest’ultima app dovrebbe inviare la notifica. Non si tratta sicuramente di un problema grave e non pregiudica la possibilità di usare le app o di messaggiare con i nostri amici, tuttavia è un malfunzionamento fastidioso soprattutto nel caso in cui si ricevano tanti messaggi o in generale tante notifiche sul telefono.
Mi sono quindi dedicato ad approfondire la questione, ed ho scoperto che il problema sembra essere causato dal fatto che, al momento del ripristino del backup sul nuovo telefono, tutte le app vengono scaricate ex-novo in contemporanea ed in modo indipendente fra loro; in questo modo l’app Facebook non riconosce la presenza della “sorella” Messenger, e quindi ci invia comunque una seconda notifica per avvisarci della ricezione di un messaggio.
Dopo aver acquistato un nuovo computer con Windows 10, qualche mese fa mi sono reso conto che durante la sospensione (o lo standby, che dir si voglia) accadeva che il computer si riattivasse da solo, apparentemente senza alcun motivo specifico. A volte rimaneva in standby fino ad una riattivazione manuale da parte mia, altre volte invece si “risvegliava” ripetutamente ed in autonomia in un arco temporale di poche ore.
Non era sicuramente un problema grave, ma ho deciso di approfondire la questione per risolverla. Inizialmente ho pensato che fossero le periferiche bluetooth, in questo caso mouse e tastiera, a mandare qualche tipo di segnale spurio al computer, facendolo riattivare, analogamente ad un problema simile che avevo avuto in passato su un iMac. Ho quindi proceduto, tramite il pannello di controllo, a revocare il permesso di riattivare il computer a tali periferiche, seguendo il percorso sottostante:
Pannello di controllo > Hardware e suoni > Gestione dispositivi > Mouse/Tastiera – click destro – proprietà > Risparmio energia > Consenti al dispositivo di riattivare il computer
Togliendo la spunta da “Consenti al dispositivo di riattivare il computer” si impedisce alla periferica selezionata di risvegliare l’apparecchio dalla sospensione. Questa procedura andrebbe ovviamente seguita per ogni periferica bluetooth, nel mio caso solamente tastiera e mouse. Da notare è che, dopo aver effettuato questa modifica alle impostazioni, non sarà possibile riattivare il computer tramite le periferiche in questione, nemmeno volontariamente; sarà quindi necessario premere il pulsante di alimentazione dell’apparecchio per risvegliarlo.
Dopo aver effettuato questa modifica mi sono però reso conto che il problema continuava a presentarsi. Ho quindi effettuato delle ulteriori ricerche e ho provato a cambiare un’altra impostazione: la riattivazione causata dai timer di sistema. Questi timer altro non sono che attività programmate del sistema operativo (probabilmente controlli per aggiornamenti, gestione del disco rigido o altre procedure simili), che hanno però la facoltà di riattivare il computer dalla sospensione quando sopraggiunge l’orario previsto. E’ possibile impedire ai timer di risvegliare il computer seguendo la procedura sottostante:
A chi non è successo di andare alle poste per sbrigare una cosa da pochi minuti, magari per spedire un pacco o ritirare una raccomandata, e di dover aspettare un’ora in coda? Negli ultimi anni la situazione è migliorata grazie all’introduzione dei sistemi elettronici di gestione delle code, che ci evitano di dover rimanere in piedi in coda ad aspettare, ma questo non ha eliminato il problema dell’attesa. Di recente è stato però introdotto un nuovo servizio chiamato Prenota ticket, che permette di prenotare il proprio turno all’ufficio postale ancora prima di uscire di casa.
Questo nuovo servizio è accessibile mediante l’app “Ufficio postale” e dal sito di Poste Italiane. In entrambi i casi la procedura comincia con la ricerca di un ufficio postale; una volta individuato quello che fa al caso nostro verrà mostrata anche l’opzione da selezionare per poter prenotare il nostro turno.
Dai risultati di ricerca degli uffici postali dal sito di Poste Italiane, l’opzione “Prenota ticket”
Prenota ticket non è infatti disponibile in tutti gli uffici postali, ma solo in quelli principali e comunque solo negli orari di apertura dell’ufficio (non è possibile prenotare un ticket alle 7 di mattina, ad esempio). Una volta selezionata l’opzione potremo scegliere la tipologia di servizio per la quale ci vogliamo mettere in coda e l’orario che desideriamo. Per quanto riguarda la tipologia di servizio è stata recentemente cambiata la logica di gestione delle code: mentre in precedenza si poteva scegliere tra prodotti finanziari, postali, singola operazione ecc., ora l’unica distinzione è tra “clienti BancoPosta” e tutti gli altri. Per quanto riguarda invece l’orario, generalmente la prima prenotazione disponibile è dopo 30 minuti, tuttavia non sono ancora riuscito a capire se le tempistiche si allunghino nel caso in cui nell’ufficio postale ci siano code molto lunghe. Una volta prenotato il turno che fa al caso nostro, ci verrà mostrata una ricevuta contenente un codice QR ed il codice che vedremo comparire sugli schermi dell’ufficio postale quando toccherà a noi, insieme al numero indicante lo sportello a cui recarsi. Continua a leggere »
Visiti le recenti notizie riguardanti l’uscita del Regno Unito dall’Unione Europea, immagino che molti italiani che vivono e lavorano nella perfida Albione si siano quantomeno posti la domanda: ed ora che succede? La risposta è che non si sa, ma se avete vissuto in Inghilterra per un tempo sufficientemente lungo ottenere la cittadinanza o almeno una carta che provi il vostro stato di “residente permanente” possa aiutare in futuro. Spero che questo articolo possa chiarirvi, almeno in parte, le idee.
Cosa succede ora?
Niente. Nel referendum del 23 giugno 2016 il popolo britannico ha votato, seppur con una maggioranza molto risicata, di uscire dall’Unione Europea. Nonostante si tratti di un referendum consultivo, quindi senza alcun obbligo da parte del governo di mettere in atto alcunché, dal punto di vista politico sarebbe un suicidio per il governo ignorare il voto e fare finta di niente. Come è stato più volte detto dall’ex primo ministro David Cameron durante la campagna per il referendum, non ci sarebbe stata un’altra chance per cambiarne l’esito. Secondo me, quindi, meglio abbandonare ogni speranza che la decisione venga revocata: il Regno Unito uscirà dall’UE.
La procedura di uscita di uno Stato membro dall’Unione Europea è lunga e non è definita nei dettagli, anche perché non è mai stata utilizzata prima. Per avviare formalmente il processo, il governo inglese (o il parlamento, ancora non si sono decisi) deve invocare l’articolo 50 del Trattato di Lisbona; una volta fatto questo inizierà un periodo della durata minima di due anni durante il quale il Regno Unito cercherà di raggiungere un accordo con l’Unione Europea sulle condizioni vere e proprie (economiche, politiche, ecc.) che saranno in essere una volta che il procedimento si sarà compiuto. Queste contrattazioni riguarderanno vari aspetti, tra cui anche la permanenza o meno dell’Inghilterra nel mercato unico europeo e soprattutto la libertà di movimento delle persone, principio europeo fondamentale. Ogni tipo di accordo, come da tradizione in salsa UE, dovrà essere accettato in modo unanime da tutti gli Stati membri. Questa contrattazione sarà proprio la parte più difficile, visto che l’Inghilterra cercherà di farsi i comodi suoi, come ha sempre fatto (ad esempio cercando di rimanere nel mercato unico senza però riconoscere la libertà di movimento delle persone), e dallo schieramento opposto gli Stati membri, alcuni in particolare come Francia, Spagna ed alcuni stati dell’est Europa, faranno di tutto per ostacolare qualsiasi tipo di concessione al Regno Unito, un po’ per “fargliela pagare”. Nel caso in cui, allo scadere dei due anni di tempo, non si sia ancora raggiungo un accordo, le scadenze possono essere prorogate sempre con l’accordo unanime degli stati membri. Continua a leggere »
Problema: è da qualche mese che, apparentemente senza motivo ed in modo casuale, Firefox smette di accettare qualsiasi input da tastiera. Questo include ogni parte della finestra, che sia un form da compilare all’interno del sito che si sta visualizzando (in una qualsiasi scheda aperta nella finestra), la barra dell’indirizzo e quella della ricerca, anche le scorciatoie da tastiera sono bloccate. Ogni volta che si presenta il problema è un’unica finestra ad essere interessata, altre finestre aperte (o elementi che vengono riconosciuti come finestre separate, come ad esempio la finestra di stampa) non sono soggette al problema.
Avevo notato che il problema era connesso alla visualizzazione di contenuti multimediali (filmati, in particolare), ed un po’ di ricerca in internet e di sperimentazione mi hanno permesso di capire che il problema è legato ad un plugin di riproduzione video (Flash, a quanto pare, ma potrebbe essere anche un qualsiasi altro plugin), che “si aggancia” agli input della tastiera e non li “rilascia” al browser. Questo si verifica quando si clicca su di una scheda contenente il plugin e la si trascina all’esterno della finestra affinché la stessa venga aperta in una nuova finestra. Il risultato di questa azione è che il plugin “ruba” l’input da tastiera alla finestra di origine, mentre la nuova finestra aperta non ha problemi. Chiedo venia se questa spiegazione non è molto tecnica o professionale, ma è tutto quello che ci ho capito. Continua a leggere »
Avendo portato il mio telefono a far riparare, ho tirato fuori dal cassetto il mio vecchio HTC, con una qualche vetusta versione di Android, da usare come telefono sostitutivo per qualche giorno. Visto che nel frattempo mi sono evoluto tecnologicamente (!) ho deciso di rimuovere alcune vecchie applicazioni per far posto a WhatsApp, diventato ormai (ahimè) indispensabile.
Tutto è andato liscio fino al momento di avviare l’applicazione per la prima volta: dopo avermi chiesto di scegliere una foto profilo (che comunque era già presente, importata automaticamente dall’account) e un nome utente, l’applicazione ha mostrato una schermata di inizializzazione. Inizialmente ho pensato che fosse necessario aspettare perché l’applicazione stava importando i contatti, ma quando il giorno successivo ho constatato che l’applicazione era ancora ferma alla stessa schermata ho fatto qualche ricerca su internet ed ho trovato la fonte del problema: WhatsApp stava cercando di accedere ai contatti salvati sul telefono per creare la propria lista di contatti, ma non ci riusciva.
La soluzione è abbastanza semplice: è sufficiente entrare nel menu principale del telefono, andare su Contatti e sincronizzazione ed attivare la sincronizzazione automatica per l’account WhatsApp che dovrebbe comparire nella lista. In questo modo WhatsApp riuscirà ad accedere ai contatti e il processo di inizializzazione sopra menzionato non richiederà più di qualche secondo.
Per la cronaca, quando si installa WhatsApp su un nuovo dispositivo, le impostazioni (ad eccezione della foto profilo) ed i vecchi messaggi non vengono scaricati in quanto non risiedono sul server. Tuttavia si verrà inseriti automaticamente nelle chat di gruppo di cui facciamo parte.
Microsoft Excel, credendosi particolarmente intelligente, riconosce automaticamente quando l’utente sta cercando di inserire una formula matematica in una cella, magari dimenticandosi di anteporre il segno ‘=’ prima della formula. Il problema nasce quando si vuole inserire una stringa di testo che inizia con il segno uguale (=) o magari con il segno ‘più’ o ‘meno’, in quanto Excel si ostina a voler inserire una formula quando invece ciò che vogliamo scrivere è una stringa di testo.
Per risolvere questo problema esiste un carattere speciale che dice ad Excel che quella che stiamo scrivendo non è una formula: l’apostrofo ‘ .
Ad esempio, se vogliamo scrivere in una cella il testo “- 5 euro”, Excel, vedendo che ciò che scriviamo inizia con il segno meno, lo riconoscerà come formula e ci mostrerà un messaggio di errore avvertendoci che la formula non è formattata correttamente. Anteponendo l’apostrofo al segno meno, quindi ” ‘- 5 euro “, Excel saprà che il segno meno non indica una formula e quindi si limiterà ad accettare il testo come l’abbiamo scritto noi, ovviamente senza mostrare l’apostrofo.
Uno dei grandi pregi di Firefox è l’infinita quantità di plugin disponibili. Installando i plugin che desideriamo, è possibile estendere le funzionalità del browser per soddisfare qualche necessità particolare che possiamo avere. Particolarmente utili risultano i plugin dedicati agli sviluppatori web, che li aiutano ad analizzare la struttura della pagina e a fare modifiche “al volo” al codice per verificarne l’effetto.
Esistono comunque tanti plugin di interesse generale, ad esempio quelli per fare degli screenshot delle pagine web che stiamo visitando, ovvero, detto in parole povere, salvare la pagina web come immagine sul proprio computer.
Cercando in internet si trova un’infinità di plugin adatti a questo scopo, ma in particolare voglio segnalarvene due: Nimbus Screen Capture e Awesome Screenshot. Tra le caratteristiche che entrambi possiedono troviamo:
Screenshot di tutta la pagina web aperta;
Screenshot della parte visibile della pagina web aperta;
Screenshot di un’area selezionabile con il mouse sulla pagina web aperta;
Possibilità di modificare le immagini aggiungendo elementi grafici quali testo, linee, forme e disegno a mano libera;
Possibilità di caricare il file creato in internet in modo da renderlo accessibile da altri computer o da altre persone;
Possibilità di salvare il file come immagine o di copiarlo negli appunti.
La schermata di editing di Nimbus Screen Capture
La schermata di esportazione di Nimbus Screen Capture
Personalmente vi consiglio Nimbus Screen Capture ma si tratta semplicemente di una preferenze personale. Entrambi i plugin sono affidabili ed hanno più o meno le stesse funzionalità. Vi assicuro che non potete rendervi conto di quanto siano utili finché non inizierete ad usarli.
Per chi come me si appresta a passare da un telefono Android ad iPhone, una delle cose fondamentali è riuscire a trasferire in maniera facile ed indolore i contatti, e per chi lo usa anche il calendario di Google. Se state usando Android, molto probabilmente avrete un account Google che salverà in automatico i contatti inseriti sul vostro telefono. Sarete felici di sapere che esiste una procedura molto semplice per trasferire le informazioni, facendo uso degli standard CardDAV e CalDAV per contatti e calendario rispettivamente.
Per collegare il proprio account Google all’iPhone (in questo esempio con sistema operativo iOS 7, ma la procedura dovrebbe essere simile per iOS 6 se non uguale), è sufficiente entrare in Impostazioni > Posta, contatti, calendari e selezionare Aggiungi account. Da qui è poi possibile selezionare Google. Nella schermata successiva bisogna inserire il proprio nome e cognome (o quello che si vuole che venga visualizzato dagli altri), indirizzo e-mail usato per l’account Google, la password ed una descrizione facoltativa. Continua a leggere »
Al momento esistono principalmente due tipi di training per diventare pilota di linea:
ATPL frozen (integrated o modular);
MPL.
L’ATPL (Airline Transport Pilot Licence) è il metodo tradizionale per diventare pilota. La formazione consiste nell’ottenere il brevetto di pilota commerciale (CPL) con diverse abilitazioni (IR e MCC, rispettivamente Instrument Rating e Multi-Crew Co-operation), per poi ottenere l’ATPL frozen. “Frozen” significa che ancora non si sono raggiunte le ore di volo necessarie ad ottenere la licenza piena, che si ottiene quando si raggiungono le 1500 ore di volo. Mentre l’ATPL integrated viene fatto presso una scuola di volo ed in tempi molto rapidi, il modular è più flessibile, potenzialmente meno costoso e più lungo, in quanto permette al pilota una maggiore autonomia nel gestire il proprio training, accumulando ore di volo quando e dove più gli aggrada. Una volta ottenuto il brevetto ATPL, il pilota può fare domanda di assunzione alle compagnie aeree, e generalmente dovrà pagarsi il Type Rating per l’aereo che andrà a pilotare (del costo, a grandi linee, variabile tra i 20.000 ed i 30.000 euro).
L’MPL (Multi-Crew Pilot Licence) è un brevetto che è stato introdotto abbastanza recentemente, nel 2006, e che è mirato a formare piloti in modo veloce e mirato all’ambiente di lavoro di un aereo di linea. Le compagnie aeree che accettano piloti tramite l’MPL sono poche al momento, tra cui easyJet e Flybe. Tutto il training, eccetto la parte iniziale, è fortemente focalizzato sugli aspetti multi-crew della professione e include lo studio delle SOP (Standard Operating Procedures) della compagnia aerea nella quale si vuole entrare, nonché il Type Rating. Per questo motivo l’MPL è sempre mirato all’assunzione in una compagnia aerea specifica, e non si possono fare domande ad altre compagnie finché l’MPL non viene convertito in ATPL dopo aver raggiunto 1500 ore di volo. Continua a leggere »
Quando su Microsoft Word si lavora ad un documento di grandi dimensioni, a cui collaborano più persone, può presentarsi la necessità di adottare, nel proprio documento, gli stili incorporati in un altro documento.
Tralasciando la soluzione più ovvia e, nella maggior parte dei casi, veloce, ovvero fare un’operazione di copia ed incolla da un documento all’altro, in pochi sanno che in Microsoft Word esiste un tool apposito che permette di copiare ed importare gli stili tra documenti e modelli.
Lo si può trovare nel menu Strumenti > Modelli e Aggiunte. Dopo aver cliccato, si aprirà una finestra nella quale in basso bisogna cliccare su Libreria. Nella finestra di dialogo che si apre, in alto cliccare sulla scheda Stili; l’interfaccia sarà ora divisa in due parti, ognuna delle quali corrisponde ad un file. E’ possibile copiare gli stili da un file all’altro selezionandolo nel riquadro di sinistra e cliccando sul pulsante “copia”. Per scegliere su quali file operare, bisogna utilizzare i pulsanti Apri file/Chiudi file che si trovano sotto le liste.
Di default questo tool si applica ai modelli di Word piuttosto che ai singoli documenti; pertanto quando si apre un file è necessario indicare che si vuole aprire un documento .doc e non un modello .dot (scegliendo la voce apposita nel menu a discesa che si trova in basso nella finestra in cui si seleziona il file).
Aggiornamento (29/01/2015): la procedura descritta sopra è solamente adatta per una od un numero limitato di versioni di Microsoft Office. Ogni versione può avere un layout differente e una diversa organizzazione dei menu e quindi, nonostante la finestra di dialogo finale sia la stessa, ci potrebbero essere modi differenti pr arrivarci. Non mi ricordo su quale versione di Office sia basata la procedura riportata nell’articolo sovrastante, di seguito riporto quella per Microsoft Office 2007 per Windows. Nella scheda Home, cercare il riquadro Stili e cliccare sulla piccola icona in basso a destra in questo riquadro; si aprirà così un riquadro od una finestra contenente un elenco di stili; in basso, cliccare sulla terza icona da sinistra, Gestisci stili; nella finestra che si apre cliccare su Importa/Esporta in basso. In questo modo si aprirà la stessa finestra descritta in precedenza che permette di spostare gli stili da un documento all’altro.
Lavorando al CSS di un sito internet, ho avuto la necessità di fare un override di una regola contenuta nel foglio di stile principale utilizzando i tag <style>.
Dichiarare semplicemente la nuova regola nel documento non era sufficiente, poiché era quest’ultima ad essere sovrascritta dal foglio di stile principale e non viceversa. Una soluzione potrebbe essere definire delle classi in modo appropriato (regole specifiche sovrascrivono sempre le classi), tuttavia se gran parte del sito è già stato preparato potrebbe essere scomodo andare a ridefinire le classi degli elementi se l’override è necessario su una singola pagina. Una ricerca ha però rivelato che esiste un modo molto semplice per forzare l’override: basta aggiungere la stringa !important alla regola. Ad esempio:
In questo modo ogni altra regola che imposta la larghezza delle immagini contenute nel <div> verrà sovrascritta con la nuova regola. In teoria bisognerebbe evitare di utilizzare questo metodo, poiché formalmente e stilisticamente non troppo corretto, ma… funziona 😉
Un problema che ho avuto recentemente con il mio “vecchio” HTC Desire è il problema della memoria piena. Sui moderni smartphone esistono quattro tipi di memoria:
la ROM, memoria di sola lettura, dove è salvato il sistema operativo e le applicazioni di sistema;
la RAM, memoria volatile che viene azzerata quando il telefono si spegne e che viene usata dalle applicazioni aperte;
la scheda di memoria, usata per salvare dati ed applicazioni dell’utente;
la memoria interna, usata allo stesso modo della scheda di memoria.
E’ proprio la memoria interna del telefono la causa dei problemi, ed inesorabilmente, quando si raggiungono i 20MB disponibili in alto a sinistra appare l’icona che segnala che la memoria del telefono è quasi piena, bloccando sincronizzazioni ed aggiornamenti (inclusi contatti e posta elettronica) fino a che non viene liberata ulteriore memoria. Continua a leggere »
Pur non essendo un grande utilizzatore di Skype, un paio di volte all’anno lo apro pure io (niente battute), ed inevitabilmente c’è un qualche aggiornamento da installare in agguato. Il computer di riferimento è un iMac con OS X 10.7 (Lion) regolarmente aggiornato.
Più di una volta è successo che in seguito all’aggiornamento, nella cartella applicazioni comparisse un’icona “Skype_old” accanto a quella normale della versione aggiornata di Skype. Dopo aver cercato (invano) possibili metodi per rimuoverla che fossero più civili del semplice trascinamento nel cestino, ho trovato un modo molto più semplice: cliccateci sopra, chiudete l’applicazione che parte (che comunque non fa niente, non apre nemmeno una finestra), e l’icona sparirà da sola. Job done!
Come è ben risaputo (soprattutto da utenti Windows) inevitabilmente le prestazioni di un computer peggiorano nel tempo. Nell’arco di mesi (o anni, a seconda dell’utilizzo) si passa dall’avere un computer veloce, appena acquistato o formattato, ad averne uno che ci impiega un eternità ad avviare le applicazioni o il sistema operativo. Ci sono una serie di fattori che contribuiscono a questo rallentamento del sistema, tra le quali:
hard disk troppo pieno o frammentato;
memoria RAM che diventa insufficiente per l’uso che se ne fa (giochi e applicazioni nuove ne richiedono sempre di più);
registro di sistema intasato e file temporanei salvati dai programmi o dal sistema operativo;
programmi non necessari che si avviano con Windows;
presenza di software malevolo.
Per rimediare ci sono una serie di soluzioni che possono aiutare a migliorare la situazione. Prima di tutto una bella ripulita al disco fisso non può fare male. Date un’occhiata ai documenti che avete e scegliete quelli da buttare (ce ne saranno a tonnellate!). Consapevolezza e buonsenso sono probabilmente i modi migliori per tenere un computer in forma.
Per quanto riguarda la deframmentazione ci sono molti tool gratuiti disponibili in Internet, ma l’utility di deframmentazione di Windows in generale è più che sufficiente. Una volta avviato dai meandri del menu start (generalmente in programmi > accessori > utilità di sistema), si sceglie un’unità disco, la si analizza e se necessario si avvia la deframmentazione. Attenzione perché per una buona deframmentazione dovete avere almeno un buon 10-15% di spazio libero sull’hard disk. Continua a leggere »
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