Gli inglesi sono molto apprezzati in Europa per il loro rispetto delle regole e per l’educazione. Le code ordinate che si formano alle fermate dell’autobus, la burocrazia che si fa velocemente online e nonna Betta che tiene tutto sotto controllo mentre si beve un tazza di Earl Gray, dando il buon esempio a tutta la popolazione. L’Inghilterra è un Paese che si pregia di poter ospitare, accettare e dare lavoro a tutti, il Paese delle infinite opportunità, dove ogni persona viene considerata per quello che vale davvero e non per simpatie o amicizie, evviva la mentalità aperta, evviva le pari opportunità. Ma sotto tanti punti di vista della vita quotidiana questo è un vanto di facciata, perché il tessuto sociale di base è formato da persone semplici, con una cultura spesso limitata che li porta a non provare nemmeno a capire le altre culture, figuriamoci ad apprezzarle. E, soprattutto nelle persone più anziane, c’è un che di “noi non abbiamo bisogno degli altri, siamo migliori, abbiamo le colonie, l’aeronautica, la marina, abbiamo il tè, la birra e va bene così”. Criticano i francesi perché sono francesi. Non perdono occasione per sfottere gli americani perché usano unità di misura imperiali ma non si accorgono che poi vanno al bar ad ordinare una pinta di birra guidando una macchina che indica la velocità in miglia orarie e viaggiando su strade dove i cartelli indicano le distanze in yard. E per fortuna che hanno iniziato ad usare il sistema decimale per la moneta, sennò mi ritroverei a dover pagare con scellini (1/20 di sterlina) e penny (1/12 di scellino)! “Sono 3 sterline, 17 scellini e 10 penny!” E non vorrei essere io quello che deve dare il resto… La stragrandissima maggioranza degli inglesi, soprattutto i più giovani (credo), usano le unità di misura imperiali, ma senza sapere quanti yard ci siano in un miglio e quanti pollici ci siano in un piede, e come biasimarli; non parlano altre lingue, non hanno idea di cosa sia la grammatica e di conseguenza sono delle capre quando cercano di imparare altre lingue. Parlo per esperienza personale: di grammatica inglese ci capisce di più un italiano medio che un inglese di madrelingua.
Tuttavia spesso questa voglia di proporsi come società aperta ed amichevole entra in contrasto con il dato dei fatti. La campagna pubblicitaria per tenere gli immigrati romeni lontani dall’Inghilterra ne è il perfetto esempio. Una serie di brevi spot, per fortuna mai realizzati per davvero, per mostrare ai romeni che brutto Paese sia l’Inghilterra e convincerli che emigrare non fosse una buona idea. Al che i bulgari hanno reagito, con grande stile, con la campagna “Why don’t you come over“, rovesciando la situazione e cercando di convincere gli inglesi ad andare in Romania.
Un altro episodio interessante accaduto di recente si è verificato quest’estate a Gibilterra, quando gli inglesi (o per meglio dire i coloni) hanno deciso di piazzare 74 bei blocchi di cemento nel mare per impedire ai pescatori spagnoli di andare a pescare in quelle che i gibilterrini (sì, si dice così) hanno deciso essere le loro acque. Perché di chi siano quelle acque a dire il vero non si sa e la disputa è ancora aperta. Ma siccome era “necessario per proteggere l’ambiente”, i coloni di nonna Betta hanno giustamente deciso di costruirsi una bella barriera. La Spagna, per ripicca, ha quindi inasprito i controlli alla frontiera e circolavano voci che si volesse imporre un dazio per attraversare la frontiera o addirittura la chiusura dello spazio aereo spagnolo ai voli diretti a Gibilterra. Al che l’Inghilterra si è cagata in mano e si è appellata alla Commissione Europea affinché intervenisse. Tu, Inghilterra, che sei la prima a fare controlli di frontiera assurdi? Tu, Inghilterra, che non hai aderito al trattato di Schengen e te ne vanti, tu ti rivolgi alla Commissione Europea adesso? Ma pensarci due volte prima di costruire barriere di cemento in mezzo al mare dopo secoli che tutto andava (più o meno) bene?
Per non parlare poi degli inglesi in vacanza. Passano autunno, inverno e primavera a farsi grasse risate sulla “meridionalità”, sui negozi che dopo pranzo chiudono per poi riaprire la sera, sulle infinite ferie estive, sulle città deserte la domenica, sulla gente che passa le giornate a guardare partite di calcio e a leggere la Gazzetta dello Sport (ok, e su Berlusconi). Ma poi quando arriva l’estate, tac!, si riempie la valigia di bustine di tè, crema abbronzante protezione 5000, ventagli e ventole di vario tipo per stare freschi con temperature atmosferiche superiori ai 15˚C e via, verso le basse latitudini. Ma mai, mai, mai partire prima di aver controllato gli ultimi aggiornamenti del Foreign Office riguardanti i viaggi all’estero. Questo sito è una vera fonte di saggezza, e non posso resistere alla tentazione di riportare qui i consigli più utili riguardanti l’Italia: evitare di mischiarsi con i cortei di protesta, usare la cassaforte dell’hotel quando possibile, stare attenti perché i ladri prima di rubare il portafoglio distraggono la vittima (in Inghilterra, invece, prima ti chiedono il permesso e se acconsenti ti offrono pure una birra – con i tuoi soldi). In particolare bisogna evitare l’autobus numero 64 a Roma, e prestare molta attenzione sui treni e negli aeroporti. Nel caso in cui a qualche inglese venisse voglia di addormentarsi su un treno notturno lasciando il Rolex appoggiato sul tavolino, il sito lo informa che potrebbe non essere un’idea geniale. E’ inoltre necessario ricordarsi di chiudere sempre l’automobile a chiave, senza lasciare il Rolex che con tanta fatica abbiamo salvato durante il viaggio in treno appoggiato sul cruscotto, ma soprattutto se si beve alcool bisogna sapere qual’è il proprio limite (NB: questa ultima regola si applica solo quando ci si trova all’estero). Bisogna prestare attenzione quando si attraversa sulle strisce pedonali, non accettare caramelle dagli sconosciuti, e verificare l’autenticità delle banconote ricevute (???). Dicevamo? Ah sì, il buonsenso… Comunque ora siamo pronti e potremo goderci al meglio la nostra vacanza, ammirando la bellezza dei luoghi e la rilassatezza delle persone, cercando invano di mimetizzarsi, di amalgamarsi, non si capirà mai se perché piace davvero o se perché si vuole solo avere qualcosa da raccontare dopo essere tornati.
Spesso la formalità sfocia nell’eccesso, a spese del buonsenso: dover mostrare un passaporto o una patente di guida inglese per comprare una bottiglia di vino (grazie Waitrose), oppure dover inviare una copia del passaporto per poter acquistare un paio di scarpe in Internet (grazie Sarenza). Insomma, posso immigrare, lavorare e laurearmi in un Paese ma non posso comprare una bottiglia di vino o un paio di scarpe. Ok. La CAA, Civil Aviation Authority, è un altro esempio. Per la legge sulla protezione dei dati personali, la CAA non può inoltrare messaggi contenenti dati personali (relativi alla salute dell’interessato, ad esempio) via e-mail, ma deve necessariamente farlo via posta. Carta, francobolli, buste, ma soprattutto tempi di attesa. Quest’estate le lettere dall’Inghilterra all’Italia ci mettevano 3/4 settimane per essere consegnate se si era fortunati, altrimenti non arrivavano proprio. Visti i tempi stretti, ho chiesto se mi potessero inoltrare una copia via e-mail oltre alla lettera standard. “Provi a fare una richiesta scritta, ma non garantiamo niente”, dissero loro. Preparo la lettera, la stampo, la firmo, la scannerizzo e la invio. Risultato? Mai avuto una risposta. Perché, ovviamente, non potevano inviarla via e-mail. Secondo me era più riservata un’e-mail che un certificato medico andato perso nella posta e finito chissà dove…
Secondo esempio, sempre relativo alla CAA. Uno degli scopi della CAA è quello di “garantire la sicurezza del trasporto aereo”, che significa anche assicurarsi che i piloti siano in buona salute per fare il lavoro che fanno e rilasciare i certificati medici che li abilitano a svolgere questa professione. Test infiniti e costosissimi (e svolti da personale di simpatia discutibile), ma correre rischi è troppo pericoloso e non si possono fare compromessi, ragionevole. Poi salta fuori che la CAA ha attivamente sostenuto la proposta avanzata in Parlamento Europeo di modificare al ribasso le limitazioni agli orari di lavoro dei piloti di linea, che se la proposta venisse accettata si potrebbero trovare a dover effettuare un atterraggio senza aver dormito per 24 ore. Ma non dovevate promuovere la sicurezza? La risposta: “Tanto non succederebbe quasi mai.” Quando si dice la coerenza!
Ma poi che ci fanno gli inglesi nel Parlamento Europeo? Che se ne stanno sulla loro isola, guidando dall’altra parte, con una moneta diversa, e non perdono occasione di criticare l'”eccessivo burocratismo europeo“? La vogliamo smettere di stare con un piede da una parte e uno dall’altra e ricordarci dell’Europa solo quando ci fa comodo?
Per carità, tutto questo è lecito… è far finta di essere diversi che non va bene.
“Il fatto è che gli inglesi vogliono essere diversi. Lo capisci subito quando un po’ li conosci. Devo ammettere che è anche divertente studiarli. Fanno cose strane ed è sempre una grande esperienza sociologica avere a che fare con loro.”
Ottobre 21st, 2014 alle 16:13
Ma che ti avranno fatto mai questi poveri inglesi il 21 ottobre del 2013? A me poi la patente inglese non l’hanno mai chiesta da Waitrose 😛
P.S. Il caffè te lo offro tra il 26 ottobre e il 4 novembre, poi decidiamo se prenderlo a Southampton o a Oxford :*
Ottobre 22nd, 2014 alle 07:41
Che onore, un altro tuo commento sul mio blog! 😀 Mannaggia Stefania, ho letto adesso il commento… lasciamo perdere ‘sti inglesi va… spero di rivederti presto da qualche parte :*